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Gli Edifici Civili
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Tra le evidenze architettoniche civili, si ricorda la facciata settecentesca del palazzo in via F. Rao, che fa angolo con via D. Mondo.
Al suo interno è conservato parte di un ciclo pittorico decorativo di notevole importanza artistica.
Dalla presenza di alcune strutture murarie, è possibile ipotizzare la preesistenza di un edificio più modesto, ristrutturato dopo la metà del Settecento.
L’attuale proprietario è Nicola Tartaglione.

Altra struttura di rilievo è il cosiddetto palazzo del Duca di Acerra, poi Argenziano, lungo via Rao, che conserva elementi decorativi di grande interesse, elevata testimonianza progettuale dell’edificio.
Le finestre decorate dovevano avere una evidente valenza prospettica.
Al suo interno è conservata la particolarissima scala aperta a forma elicoidale, dove una bella volta lavorata nel piperno fa da piastrino d’invito al piano terra.
Esso è adiacente all’omonima cappella Argenziano.

Un altro edificio di particolare importanza è quello appartenuto alla famiglia di Domenico Mondo, successivamente venduto alla famiglia Acconcia. All’inizio del Novecento, fu abitazione della contessa Laura Berni Canani, moglie del cavaliere Antonio Acconcia, come riportato anche dalla lapide sulla facciata.
La facciata esterna riporta l’architettura delle caratteristiche finestre con ampi portoni; all’interno sono ancora conservati il loggiato coperto che dà sul cortile interno, il porticato e, in particolare, il ballatoio sorretto da arcate è l’elemento caratterizzante.
All’interno del palazzo, si conserva ancora la scala che porta ai piani superiori.
Di fronte all’ingresso è un elegante tempietto sormontato da anfore e animali in cotto, sulla cui parete di fondo è dipinta una figura allegorica seduta, che sorregge lo stemma della famiglia, opera del pittore Di Benedetto, datata al primo trentennio del Novecento.

Lungo via Giannini, un tempo Oliva, erano le abitazioni dei personaggi di pregio del Settecento; una di esse è la casa dei Guidetti che passò agli Acconcia, di particolare rilevanza storico-artistica.
All’interno, oltre l’androne del palazzo, si apre il cortile che immette in uno spazioso giardino recintato, con un cancello dal disegno curato, che apre su di uno spazio, evidentemente, luogo ameno.
A far supporre ciò, è la presenza di una piccola costruzione, oggi fatiscente, in asse con l’ingresso, che aveva la funzione di loggetta con sedili.
Sulla parete di fondo, è un dipinto allegorico con lo stemma della famiglia Acconcia.
Una scala conduce ai piani superiori, dove sono alcuni ambienti della casa che presentano importantissime decorazioni di carattere storico-artistico.
In uno di questi ambienti, che doveva avere la funzione di sala di centro da cui si dipartivano i due rami dell’appartamento, è conservata, ancora oggi, la decorazione seicentesca ad affresco, divisa in quattro scene di battaglie; tra le scene vi sono figure allegoriche e lo stemma della famiglia proprietaria dell’intero palazzo.
Il partito decorativo, per stile e soggetto, sono molto vicini alle scene di battaglia che Belisario Corinzio dipinse nel palazzo Reale di Napoli; cronologicamente, esse sarebbero collocabili intorno al 1634, quando l’artista lavorava per il principe di Caserta.
Le due sale adiacenti hanno, invece, un partito decorativo ottocentesco particolarmente gradevole.

In via Jenco, è un altro edificio del Seicento, che si propone essere la casa del vescovo Giovan Antonio De Vecchi, sacerdote e poi vescovo d’Ischia nella seconda metà del Seicento, la cui facciata è articolata con tre finestre e un balcone al di sopra del portone d’ingresso, al cui fianco è una porta con uno stemma marmoreo di matrice religiosa.

Resti di altri edifici, lungo la stessa strada, conservano, sotto i davanzali delle finestre, motivi a volute di stucco, di un particolare disegno barocco e, all’interno, strutture portanti realizzate con disegno antico.

Altre case antiche sono conservate nella stessa zona, con i caratteristici ed ampi portoni d’ingresso, restaurati, tra l’altro, di recente.

Caratteristico è anche il grosso edificio ottocentesco di via Matteo Zarrillo, che ripete le stesse tipologie caratteristiche che incontriamo anche altrove: il loggiato superiore poggiante su archi sottostanti ed una scala ampia e comoda, con il ballatoio semicircolare di raccordo tra le due terrazze; nel cortile sono, invece, ambienti che un tempo erano usati come stalle e servizi per le attività agricole.

In generale, la matrice costruttiva architettonica è quella comune ai paesi della pianura casertana; essa è legata all’economia rurale della città e costituisce il bene economicamente e culturalmente più vicino alla nostra persona e alla nostra storia; per questo è da preservare e promuovere.
 
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