Tra le personalità più illustri di Capodrise nel campo delle arti figurative del Settecento, allineandosi allo straordinario sviluppo delle stesse che si aveva contemporaneamente a Napoli, capitale non inferiore alle altre europee, aperta alla circolazione della cultura e ad un grande movimento di idee e di artisti.
Figura di rilievo tra i pittori che operarono a Napoli nel Settecento, nato a Capodrise nel 1723, da Marco Mondo, giurista, pittore e poeta che lo avviò allo studio dell’arte; più tardi, si formò alla scuola del Solimena, derivandone una produzione pittorica a macchie dense e luminose, secondo il giudizio di Spinosa, contrapponendosi alla corrente classicistica allora esistente a Napoli.
Alcune delle sue opere furono dipinte per le due chiese parrocchiali di Capodrise ( S. Andrea Apostolo e Immacolata Concezione), per la chiesa dell’Ave Gratia Plena di Marcianise, per la chiesa di Sant’Asperno ai Crociferi di Napoli ed altre collezioni private della città; altre sue opere sono presenti nella raccolta Marsicola a Roma.
I suoi disegni sono conservati in raccolte private europee, americane, statunitensi, in varie collezioni pubbliche e musei napoletani, inglesi, tedeschi e austriaci.
Effettivamente, il Mondo si rivelò essere uno dei più grandi disegnatori del Settecento napoletano.
La sua bravura artistica si esplicò in pieno nella decorazione, con allegorie e scene mitologiche, nella sala degli Alabardieri, della reggia di Caserta. Il Mondo fu, infatti, scelto da Luigi Vanvitelli, in quanto uno dei pittori più validi e attivi del momento a lavorare a Napoli, per eseguire diversi lavori nella Reggia di Caserta.
Al Louvre di Parigi è conservato uno dei bozzetti realizzati dal Mondo, su richiesta del Vanvitelli, che avrebbe dovuto ornare la volta di uno dei saloni della Reggia.
Al notissimo pittore di Capodrise, è dedicata una notevole pubblicazione di D. Campanelli, “Domenico Mondo, un solimenesco in Terra di Lavoro”, edito dall’Electa Napoli.
Nato nel 1824, nell’omonima strada, fu tra i più noti tipografi, la cui arte apprese a Napoli e poi a Roma; riuscì, infine, a mettersi in proprio, mettendo a frutto le esperienze estere e la sua indiscutibile bravura tipografica, tanto da avere pochi concorrenti nazionali ed esteri alla sua altezza.
Il suo sito di lavoro divenne luogo culturale per le frequenti visite amichevoli di personaggi illustri dello stampo, come Dumas, Correra, Capitelli, Morisani ed altri.
Fu accolto dalla sua città con tutti gli onori da tributare ad un uomo illustre per il suo lavoro.
Il Comune, come doveroso tributo di affetto e di stima, gli intitolò l’attuale toponimo della strada.
Nato a Capodrise nel 1892, studiò tra Caserta e Napoli; fu cultore della poesia, delle lettere, della musica, della pittura, della scultura, dell’arte. Da giovane aderì a diversi movimenti culturali, alcuni appoggiati anche da personaggi quali Ungaretti; fu, peraltro, vicino a gruppi di intellettuali quali Puccini, Viani, Pea ed altri che erano soliti riunirsi al Caffè Margherita; forte e feconda fu la sua collaborazione anche con esponenti di rilievo della poesia giapponese, con cui collaborò in forte simbiosi.
Tanti e importanti furono i riconoscimenti poetici ottenuti da E. Jenco: il premio Chianciano, uno dei più ambiti premi nazionali di poesia; quello di “Bagni di Lucca”, di “Giglio”, di “Battaglie Letterarie”, di “San Pellegrino”.
La sua fama gli tributò l’onore di essere invitato a presiedere il Centro delle Arti di Viareggio e fu nominato membro permanente della giuria del “Premio Viareggio” .
Il Nostro rappresenta una svolta tra la poetica dell’ermetismo e il realismo lirico, verso cui si indirizzò la lirica italiana. Questo fu grande merito anche di E. Jenco, che di quel tipo di arte fu uno dei primi e più geniali rappresentanti.
Giacomino, il Servo di Dio, nacque a Marcianise nel 1896. Condusse una vita normale fino all’età di circa diciassette anni, quando le sue aspirazioni furono troncate dall’avanzare irrefrenabile della poliartrite, che lo costrinse su di una sedia per tutta la sua vita.
Sperando inutilmente nella guarigione fisica, ottenne quella spirituale in seguito ad un incontro con Padre Pio, che rafforzò in modo particolare la sua fede, accettando il suo male come fonte di gioia e felicità e, soprattutto, come legame inscindibile con Dio. Volle entrare nel Terz’Ordine Francescano; la sua fede commosse il futuro santo medico G. Moscati. Fondò l’Apostolato della Sofferenza, divenendo punto di riferimento per un numero altissimo di malati con i quali era ripetutamente in contatto.
Durante la sua malattia, si dedicò anche alla pittura.
Trasferitosi già dal 1943 a Capodrise, qui morì nel 1962 in odore di santità. Fu seppellito nella chiesa parrocchiale, meta di pellegrinaggi anche stranieri, in attesa della conclusione del processo di beatificazione.
La casa del Beato Giacomo Gaglione